Da amante del gioco posizionale, forse più per necessità che per virtù, uno dei primi libri che ho letto è quello di Jakov Nejstadt su Steinitz. In realtà, nella prima fase della sua carriera scacchistica, Il suo stile era in linea coi tempi, aggressivo e poco propenso a lunghe manovre, tanto da essersi guadagnato l’appellativo di “Morphy austriaco”. Ma i successi maggiori vennero subito dopo la sua conversione ad una condotta di gioco più attenta e strategica. Ma vediamo meglio chi era Wilhelm Steinitz.
Nato a Praga il 18 maggio 1836, tredicesimo figlio di un rabbino e di famiglia poverissima, era afflitto da disturbi fisici notevoli: basso di statura, con un cranio grosso e sproporzionato alla corporatura, lievemente claudicante, miope, di carattere chiuso e di modi sovente bruschi al limite della scortesia. Verso i vent’anni era a Vienna quale studente del Politecnico, essendo molto portato per la matematica. Riusciva a finanziarsi gli studi grazie ad un saltuario lavoro come giornalista, oltre alle poste vinte giocando a scacchi e disputando qualche partita alla cieca. Iniziò a frequentare gli ambienti scacchistici della capitale asburgica, diventando un abituale frequentatore del Caffè Pernice. Ben presto si mise in luce come forte giocatore, giungendo terzo al campionato cittadino del ’59, secondo nel ’60 e primo nel ’61. La crescente passione per gli scacchi lo portò ben presto ad abbandonare gli studi per diventare il primo professionista degli scacchi.
Un forte orgoglio, accompagnato dalla consapevolezza della propria forza di gioco, lo rendeva a volte indisponente, a prescindere da chi fosse il suo interlocutore. Ad esempio, un giorno Il famoso banchiere Epstein (assiduo frequentatore del Caffè Pernice, a cui Steinitz spesso dava il vantaggio di un cavallo) sollecitò spazientito Steinitz reo di aver pensato troppo a lungo.
Subito dopo aver mosso, Steinitz incalzò irritato il banchiere mentre stava pensando a sua volta: “Allora?”
“Giovanotto, ma lei sa chi sono io?” sbottò Epstein. “Oh sì, lei è Epstein” rispose tranquillo Steinitz, aggiungendo subito dopo “…alla Borsa. Ma qui Epstein sono io!”
Ma torniamo agli scacchi. Dopo il ritiro del talentuoso americano Paul Morphy dalla scena internazionale (da notare che i due non si sono mai potuti affrontare), Anderssen era tornato alla guida del mondo scacchistico con il suo stile romantico ed istintivo ben noto nelle famosissime partite “immortale e Sepreverde” . Nel 1866 Steinitz, contro i favori dei pronostici, vinse l’incontro con Anderssen, pur adottando uno stile ancora abbastanza aggressivo in linea con il tempo. Eppure questo match, pur non essendo ancora considerato un campionato del mondo, rappresenta un vero spartiacque. Infatti, fu proprio dopo aver analizzato alcuni errori di entrambi in quell’incontro che Steinitz maturò dei concetti innovativi per l’epoca, validi ancora oggi. Ad esempio il fatto che “il Re è un pezzo forte” e che “il successo di un attacco condotto su un’ala dipende dalla solidità del centro più che dall’inventiva del giocatore”.
Ma il vero evento entrato nella storia degli scacchi ci fu venti anni dopo, nel 1886, proprio su iniziativa di Steinitz. I due più forti scacchisti dell’epoca, Steinitz e Zukertort (allievo dello stesso Anderssen), si sedettero ad un tavolo dando il via all’assegnazione del titolo mondiale tramite una sfida testa a testa a più riprese. Le regole scelte per l’occasione erano abbastanza semplici: per ottenere il titolo bastava totalizzare 10 punti, patte escluse. Steinitz vinse per 10 a 5 e venne proclamato “primo campione del mondo della storia”. Perderà il titolo solo nel 1894 contro un’altra leggenda scacchistica, quale Emanuel Lasker.
Steinitz non fu un precursore della modernità solo per aver “inventato” ufficialmente il campionato del mondo. In un’epoca in cui non c’erano ancora regole precise, fu il primo ad elaborare una teoria degli scacchi con principi ancora oggi cardini del gioco posizionale. Fu il primo vero professionista della scacchiera, avendo dedicato la sua intera esistenza agli scacchi. Da buon ex giornalista, fu anche il primo a dimostrare che scrivere di scacchi è un’attività capace di produrre buona letteratura.
Di certo rimarrà tra i primi anche per la sua superbia, a volte ai limiti dell’arroganza, e i due aneddoti con cui concludiamo tale excursus biografico, ne sono una chiara testimonianza.
Si racconta che prima di una importante competizione con giocatori del calibro di Cigorin, Bird, Zukertort, Blackburne, Paulsen ed altri, fu chiesto a Steinitz chi fosse secondo lui il favorito. “Senza dubbio io” rispose “Ho avversari più facili di quelli che avranno i miei rivali”. “E perché mai?” gli fu ribattuto. “Gli altri devono giocare con Steinitz…io no!”.
Prima di una competizione alla quale aveva partecipato accettando solo dopo aver pattuito il montepremi, fu accusato di esosità da un affarista milionario: “Signor Steinitz Voi partecipate ai tornei di scacchi solo per i soldi, mentre io ci vengo soltanto per l’onore!”
“Ebbene – rispose ironicamente il campione – ognuno gioca per quello che non ha”.
Francesco Zaccagni, 06/08/2012