Gli scacchi in strada
Un amico scacchista ternano si imbatte a Parigi in un gruppo di persone che giocano in strada. Su Facebook lancia lo scherzoso quesito: mi fermo abbandonando la famiglia, o no?
Non ho avuto dubbi nel rispondergli subito di sì, perché gli scacchi in strada sono la cosa più bella del mondo. Non conosci l’avversario, ma ci giochi come se lo conoscessi da sempre. E’ una delle tante forme di linguaggio internazionale.
Questa domanda mi ha fatto tornare in mente un episodio accadutomi nel 2004, durante un mio viaggio in Uzbekistan.
A Samarcanda mi imbatto in Jamol Kosimov, un ragazzo che vende scacchiere e oggetti in legno, con cui ancora oggi ho sporadici contatti.
Passando di fronte la sua bancarella, faccio per scherzo la prima mossa e lui risponde immediatamente. Viene fuori una partita vera, all’ultimo sangue. Ricordo bene che fu difficile vincere soprattutto perché gli scacchi avevano una forma strana e faticavo a riconoscerli.
Mentre i miei compagni di viaggio sono tutti risaliti sul pullman, approdo in un finale vincente. Ho la partita in pugno contro un Uzbeko, con 4-5 suoi amici intorno a guardare… Momenti frenetici, soprattutto perché il mio pullman è da tempo che ha cominciato a suonare per sollecitarmi… Non ce la faccio a lasciare una partita vinta. Proseguo e vinco.
Quando sono tornato sul pullman, non è stato difficile subire in silenzio gli insulti di tutti… Perché avevo vinto contro un Uzbeko a Samarcanda, in un paese ex sovietico, in cui gli scacchi sono cultura e tradizione. E io mi sentivo di aver ben rappresentato l’Italia.
Forse è solo per questo che Jamol, quel giorno, volle scambiarsi le email e ancora oggi mi scrive.
Per chi veramente li ama, gli scacchi sono anche questo. Soprattutto questo.
Francesco Zaccagni, 7 aprile 2015